La Brand Identity è il biglietto da visita di un’azienda, il modo in cui intende essere percepita dai suoi consumatori o clienti ed è definita da differenti elementi come: il nome, il logo, il payoff, lo stile comunicativo, i suoi valori, la cultura aziendale e il rapporto con il proprio target o i propri stakeholder.
In alcuni casi però è necessario cambiare, o si sente quasi la necessità fisiologica di effettuare un cambiamento che possa essere più in linea con la natura attuale della propria attività.
Soprattutto in un contesto sociale ed economico sempre più fluido, digitale e in movimento, stare al passo con i tempi e adattare la propria identità è un’azione vitale importante e riserva nuove opportunità da non sottovalutare.
Muzellec e Lambkin, all’interno della loro ricerca 'Rebranding Process – Il Processo di Corporate Rebranding', hanno analizzato 166 esempi di rebranding e riportano due differenti tipologie: parliamo di rebranding evolutivo quando il cambiamento messo in atto è più minimale e riguarda gli elementi grafici ( (Marketing Aestethics) del brand come il logo, i suoi colori distintivi o il font.
Invece ci riferiamo a un rebranding rivoluzionario quando c’è una netta e evidente trasformazione che interessa la value proposition. In questo caso non ci si limita a un processo di rebranding ma è necessario aggiungere un intervento di positioning, ovvero riposizionare il marchio sul mercato. Quando ciò avviene, tutti percepiscono il cambio di rotta che viene notato immediatamente.
Le motivazioni che portano sulla via del Rebranding non sono uguali per tutti e prendono in considerazioni aspetti differenti che possono far propendere per un rebranding totale, che interessa gli elementi più forti e distintivi del brand, o un rebranding parziale, finalizzato alla modifica di parti minori che possono comunque portare ad una differente percezione della propria identità.
Quali sono quindi quelle spinte che portano a voler intraprendere un passo verso una nuova Brand identity?
- l’azienda si evolve e muta naturalmente
- il target di riferimento cambia
- il mercato cresce
- fusioni o acquisizioni commerciali attivano mutazioni non previste
- scandali o crisi di immagine
- cambio generazionale all’interno dell’azienda
- volontà di adeguarsi ad uno scenario differente
- i competitor lo hanno già fatto
Vediamo allora le 5 regole per attuare il rebranding perfetto.
Ogni buon piano prevede un chiaro punto di arrivo e definire gli obiettivi è fondamentale per sapere dove si vuole arrivare.
Conosci i tuoi punti di forza e di debolezza? Prima di agire valuta un’attenta analisi SWOT e concentrati su dove focalizzare il tuo Rebranding.
C’è chi lo ha già fatto e studiare i best case (o anche i passi falsi) dei competitor stimola idee e nuovi punti di vista. Conoscere lo scenario in cui ci si muove o che si ha intenzione di esplorare è sempre un valido esercizio per gestire al meglio gli imprevisti.
Il Rebranding non può non avvalersi di una sua specifica pianificazione, che possa tenere in considerazione il budget e i bisogni interni ed esterni al brand. È necessario comunicare il proprio cambiamento calendarizzando con cura il momento giusto, evitando sovrapposizione con ricorrenze o eventi che possono distoglierne l’attenzione. Oppure in caso contrario, sfruttarli a proprio vantaggio.
Ogni nuova azione comunicativa va raccontata in anticipo, preparando il pubblico a comprenderne il significato che s’intende veicolare.
Lo storytelling è essenziale per non vanificare i propri sforzi ed essere sicuri di aver centrato l’obiettivo sperato.
Il cambiamento richiede tempo e raccogliere impressioni e dubbi durante il percorso ci serve per capire come poter migliorare il tiro. Ogni progetto ha una buona dose di imprevedibilità e l’accoglienza da parte del target di riferimento è la miglior scuola possibile.