Quando si parla di inbound marketing, così come lo definisce Hubspot, si fa riferimento ad una “metodologia di business che attira i clienti creando contenuti di valore ed esperienze su misura per loro”. Da tempo, come agenzia, abbiamo adottato questa filosofia, dando vita a differenti campagne di content marketing.
Tra queste, una ha puntato direttamente al mondo del food, e nello specifico a quelle realtà che hanno necessità di vendere online e non sanno farlo, o non lo fanno bene (o, perché no, non sanno ancora che un ecommerce possa essere la soluzione ai loro problemi): situazioni che conosciamo bene, da anni di esperienza con clienti di varia natura e dimensioni, e che abbiamo voluto affrontare con una campagna che puntasse sul nostro know-how in materia e sulla proposta di suggerimenti utili per il nostro interlocutore, o meglio, per la nostra buyer persona.
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Proprio da qui siamo ovviamente partiti: sedendoci ad un tavolo, reparto sales e marketing insieme, e delineando le principali buyer personas a cui volevamo parlare. L’apporto dei commerciali e la loro esperienza sul campo ci hanno consentito di tracciare con precisione le figure di diverse buyer personas, dal modo in cui si informano sulle tematiche oggetto della campagna ai processi aziendali in cui sono coinvolti, fino alle relazioni che intrattengono con i colleghi all’interno dell’azienda e ai problemi (pain point) che li attanagliano, e che devono risolvere.
Nello specifico, siamo andati a individuare, per ogni persona:
Al termine del lavoro, è stata scelta, tra tutte quelle individuate, una buyer persona specifica, che sarebbe diventata oggetto della campagna: si tratta del responsabile marketing di un’azienda del food di medie dimensioni, con limitate competenze digitali, uno staff ridotto e la conseguente necessità di esternalizzare diversi servizi, come appunto la gestione di un ecommerce e la sua promozione. Abbiamo approfondito dettagliatamente i suoi bisogni, i suoi obiettivi e le sue sfide, come quella di portare risultati misurabili al board per incrementare la fiducia (e il budget) per le iniziative di marketing.
A questo punto, avendo ben chiari i bisogni della nostra buyer persona, ci siamo concentrati sulla content strategy, ovvero sulla mappatura dei contenuti che potrebbero essere di suo interesse. Abbiamo definito un Core topic (l’ecommerce nel food) e i relativi sub-topics, quindi siamo andati a declinarli a livello di argomenti dei singoli articoli del blog.
Ovviamente, per la scelta dei temi dei vari contenuti, abbiamo incrociato i pain point della buyer persona (ad esempio, gestire attività online come la promozione di un canale ecommerce nonostante le scarse competenze dello staff) con le intenzioni di ricerca degli utenti in rete, valutando l‘opportunità di alcuni temi rispetto ad altri (ad esempio, ha senso parlare di come promuovere un ecommerce se ci rivolgiamo a chi ha non ha ancora un canale di vendita online?) ed integrando il tutto con una SEO strategy mirata.
La content strategy, inoltre, ha tenuto conto di tutte le fasi del funnel di vendita. Sono stati pensati pertanto contenuti:
Ogni contenuto ha una finalità precisa, che non si esaurisce nella volontà di informare ed approfondire un tema, ma si rivolge alla buyer persona interpretando i suoi bisogni e rivolgendogli una call-to-action che gli permetta di compiere un ulteriore passo nel percorso di vendita.
I temi trattati e, in particolare, gli articoli del blog sono stati così integrati con contenuti di approfondimento “premium”: ebook, video tutorial, check list… differenti sono le tipologie di supporto che si possono dare agli utenti per affiancarli nella propria strategia di marketing, e che al tempo stesso possono contribuire alla nostra lead generation.
I contenuti “premium”, infatti, potevano essere ottenuti dall’utente a fronte della compilazione di un form di contatto, nel quale doveva inserire informazioni a noi utili come il settore dell’azienda per cui lavorava, il ruolo che ricopriva al suo interno e l’esistenza o meno di un ecommerce aziendale.
Questi dati andavano poi a comporre il profilo del contatto nel CRM aziendale, determinandone anche il suo grado di avanzamento nel funnel (da lead a cliente).
In che modo? Hubspot, la piattaforma che abbiamo scelto per le nostre campagne di inbound marketing, è in grado di qualificare un lead basandosi su alcuni parametri definiti a monte, e che sintetizzano il “valore” del lead stesso in funzione della sua rispondenza alla nostra buyer persona e dell’interesse che mostra nei confronti dei nostri contenuti. Questo ha permesso, tra le altre cose, al reparto sales di essere aggiornato su possibili nuovi prospect interessati (se non addirittura già pronti) all’acquisto dei nostri servizi (in questo caso specifico, legati all’ecommerce), avvisandoli con alert specifici per fare in modo che potessero contattarli direttamente finché il prospect era “caldo”.
Ma come mantenere caldi i contatti che si erano avvicinati ai nostri contenuti? Sempre grazie a Hubspot, una volta compilato il form e ottenuto il materiale premium (ebook o whitepaper), il lead veniva inserito in un workflow di marketing automation grazie al quale avrebbe ricevuto periodicamente ulteriori contenuti di suo interesse (lead nurturing), che lo avrebbero aiutato a scendere lungo il funnel, verso la conversione.
Noi abbiamo scelto Hubspot come partner in quanto la piattaforma consente di gestire tutti gli aspetti finora trattati: pubblicazione dei contenuti e loro diffusione (nel blog, ma anche attraverso i canali social collegati), lead generation e loro gestione, lead nurturing. A questo proposito, nel nostro caso abbiamo visto come farlo automaticamente grazie alla creazione di workflow, ma tante sono le possibilità di business automation che Hubspot rende possibili, anche in relazione ad altri comportamenti dell’utente.
Per fare tutto ciò, comunque, il nostro staff si è formato adeguatamente, ottenendo nel corso dei mesi varie certificazioni e sviluppando competenze verticali in affiancamento agli specialisti Hubspot.
Ancora oggi, i contatti ottenuti attraverso quella campagna sono presenti nel nostro database: i nostri commerciali li hanno contattati, e in qualche caso l’attività di inbound marketing ha già generato i suoi frutti. Da qui, un’ultima domanda: quando possiamo definire soddisfacenti i risultati di una campagna?
Per misurarli, occorre sempre tener presente che ogni campagna fa storia a sé. Sicuramente, va tenuta in considerazione la tipologia di conversione che vogliamo ottenere dalla nostra buyer persona: nel nostro caso, la decisione, e soprattutto l’investimento legati all’apertura di un ecommerce non si affrontano in pochi giorni! Questi aspetti, è bene sottolinearlo, vanno valutati sin dall’impostazione della campagna, quando si fissano gli obiettivi, così come nella costruzione dei workflow (frequenza delle email di lead nurturing).
E tu, vuoi scoprire chi è la tua buyer persona?